GLI INDIZI DELLE FONTI LETTERARIE E
STORICHE
Cronologia degli eventi
Nel libro III delle Storie,
Polibio detta una cronologia che, dal giorno di partenza dai campi di Geronium
fino al giorno della battaglia di Canne, risulta senza soluzione di continuità; l'esercito romano infatti non si mosse
dalla collina di Calena se non dopo l'arrivo dei due consoli, ciò per un
preciso ordine del Senato a Gneo Servilio (Polibio III-107: Il senato decise allora che si combattesse e
si attaccassero i Cartaginesi: ordinò pure a Gneo di attendere ancora ed inviò
sul posto i consoli) il quale,
oltre alla difesa dell'accampamento, non aveva alcuna autorità per
intraprendere simili iniziative; poi, dice Polibio:
1° giorno - 27 luglio 216 a.C. |
POLIBIO
III,110: L'indomani i consoli tolsero il campo e mossero con le truppe verso la località
dove, secondo le loro informazioni, si trovavano gli avversari. I Romani partono da
Geronium verso la località dove si trovavano i Cartaginesi. |
2° giorno - 28 luglio 216
a.C.- comando: Lucio |
POLIBIO
III,110: Giunti il secondo giorno in
vista dei nemici, si accamparono alla distanza di circa cinquanta stadi dalle
loro posizioni. Lucio dunque, vedendo che tutti i luoghi all'intorno erano
piani e spogli d'alberi, era del parere che non si dovesse ingaggiare
battaglia, poiché i nemici erano superiori nella cavalleria, ma che fosse più
opportuno procedere e attirarli verso una località dove il peso del
combattimento fosse affidato alle forze di fanteria. Poiché Caio, nella sua
inesperienza, era di parere contrario, fra i consoli cosa fra tutte
pericolosissima vi era dissenso e malumore. I Romani, dopo un
giorno di marcia, costruiscono un accampamento alla distanza di 50 stadi (ca.
9.242,5 metri) dalla località dove si trovavano i Cartaginesi. |
3° giorno - 29 luglio 216 a.C.
- comando: Caio |
POLIBIO
III,110: Secondo l'usanza, i consoli
assumevano il comando un giorno ciascuno: toccando il comando a Caio per la giornata successiva, egli
ordinò di togliere il campo e di avanzare, volendo avvicinarsi ai nemici,
benché Lucio cercasse con tutti gli argomenti di trattenerlo. Annibale, presi
con sé i soldati armati alla leggera e i cavalieri, si fece innanzi, e
attaccatili all'improvviso quando ancora erano in marcia, ingaggiò il
combattimento e provocò fra i Romani non poco scompiglio. I Romani sostennero
tuttavia il primo assalto, opponendo una parte della fanteria pesante: fatti
uscire quindi gli astati e i cavalieri, riuscirono superiori nel complesso
della battaglia, perché i Cartaginesi non disponevano di grande forze di
copertura, mentre con i Romani, mescolati alle forze armate alla leggera,
combattevano anche alcuni manipoli delle legioni. Per allora dunque,
sopraggiunta la notte, i due avversari si separarono: per i Cartaginesi
l'attacco non aveva avuto l'esito sperato. I Romani tolgono il
campo per ordine di Caio e avanzano verso i Cartaginesi, ma vengono attaccati
da Annibale mentre sono in marcia. Al sopraggiungere della notte gli
avversari si separano. |
4° giorno - 30 luglio 216 a.C. - comando: Lucio |
POLIBIO
III,110: Il giorno successivo Lucio, non giudicando opportuno combattere, né potendo ancora
ritirarsi con l'esercito senza pericolo, fece accampare due terzi delle sue
forze presso il fiume chiamato Aufìdo, l'unico che attraversi l'Appennino: (è
questa la catena montuosa che segna lo spartiacque fra i fiumi d'Italia che
sfociano nel mar Tirreno e quelli che sfociano nell'Adriatico; varcando con
il suo corso l'Appennino, l'Aufido ha la sorgente nel versante dell'Italia
rivolto al Tirreno, e sbocca invece nell'Adriatico); con la terza parte dei
soldati pose il campo al di là del fiume
a levante del guado, alla distanza di circa dieci stadi dai suoi
alloggiamenti e di poco più da quelli degli avversari, intendendo così
proteggere i soldati dell'altro campo che foraggiavano e minacciare invece i
Cartaginesi. I Romani, per ordine
di Lucio, costruiscono due accampamenti presso il fiume Aufido: il maggiore,
con 2/3 delle forze, su una riva del fiume, e il minore, con 1/3 delle forze,
sull'altra riva a levante del guado. POLIBIO
III,110: Nello stesso tempo Annibale, che vedeva come la situazione invitasse
all'immediato combattimento con i nemici, per timore che i suoi soldati
fossero scoraggiati per la precedente sconfitta, pensò che le circostanze
richiedessero parole di esortazione e fece riunire le truppe. Quando furono
raccolte, le invitò a rivolgere lo sguardo ai luoghi circostanti e domandò
loro qual più grande favore, se ne avessero avuto la facoltà, avrebbero
potuto chiedere agli dei nelle condizioni presenti, che di venire a battaglia
decisiva in siffatta località, essendo di gran lunga superiori al nemici
nella cavalleria. Avendo tutti approvato le sue parole, data la loro
evidenza, così continuò: "Di questo siate soprattutto grati agli dei; per
preparare la nostra vittoria, infatti, essi hanno condotto i nemici in questa
posizione; secondariamente ringraziatene me, che ho costretti gli avversari
ad accettare battaglia - ormai non possono più sfuggire - proprio su di un
terreno evidentemente favorevole a noi. Non mi sembra affatto il caso di
esortarvi ora con molte parole ad essere arditi e coraggiosi di fronte al
pericolo. Quando eravate inesperti della lotta contro i Romani bisognava
farlo, e io spesi a questo scopo molte parole e ricorsi ad esempi: ma ora che
in tre successive battaglie di tanta importanza avete vinto indiscutibilmente
i Romani, quale discorso vi potrebbe dare coraggio in modo più efficace dei
fatti stessi? Mediante le precedenti battaglie avete conquistato le campagne
e i beni che se ne ricavano secondo le mie promesse, né mai una parola fra
quante vi ho dette, apparve menzognera: la lotta attuale verte intorno al
possesso delle città e dei beni in esse contenuti. Se in questa riuscirete
vincitori, vi troverete immediatamente padroni di tutta l'Italia e, liberi
dai presenti travagli, verrete in possesso di tutta la ricchezza dei Romani e
vi troverete signori assoluti del mondo intero. Non occorrono dunque più
parole, ma fatti: se gli dei mi aiuteranno, spero di confermare al più presto
coi fatti le mie promesse". Queste e simili cose egli disse, poi, fra le
fervide acclamazioni delle truppe, lodò il loro entusiasmo e se ne
compiacque; quindi le congedò e subito pose il campo, facendo costruire la
trincea lungo la stessa riva del fiume dove era il campo maggiore dei nemici.
Discorso di Annibale
ai propri soldati. Costruzione del campo
cartaginese protetto da una trincea lungo la stessa riva del campo maggiore
romano. |
5° giorno - 31 luglio 216 a.C.
- comando: Caio |
POLIBIO
III,112: L'indomani diede a tutti l'ordine di aver
cura di sé e di prepararsi; Nessun evento
particolare. |
6° giorno - 1° agosto 216 a.C.
- comando: Lucio |
POLIBIO
III,112: il giorno successivo schierò l'esercito lungo il fiume,
ed era evidente la sua impazienza di venire a battaglia. Lucio trovava
sfavorevole il terreno e vedendo che i Cartaginesi sarebbero presto stati
costretti a trasferire gli alloggiamenti per procurarsi i viveri, se ne stava
tranquillo, rinforzando la guardia dei due campi. Annibale, dopo aver
aspettato un poco, poiché nessuno gli si opponeva, ritirò di nuovo
nell'accampamento il resto delle sue forze, inviò invece i Numidi contro i
Romani che uscivano dal campo minore per rifornirsi d'acqua. I Numidi si spinsero
proprio fin presso la trincea e impedivano i rifornimenti. Caio si irritò
ancor, più per questo incidente, mentre i soldati fremevano per desiderio di
combattere e sopportavano malvolentieri gli indugi. Gravosissimo è infatti
per tutti gli uomini il tempo dell'attesa: invece, una volta che si sia
stabilito un piano, bisogna resistere, per quanto appaia duro tutto ciò che
si deve sopportare. Quando a Roma giunse la notizia che i due eserciti erano
di fronte e che quotidianamente avvenivano scontri di avanguardie, tutta la
città era sospesa e piena d'ansia; il popolo era timoroso dell'avvenire,
perché già più volte aveva subito sconfitte, e d'altra parte anticipava con
l'immaginazione le conseguenze di una rotta totale. I responsi degli oracoli
correvano sulla bocca di tutti, ogni tempio, ogni casa era piena di prodigi e
segni divini; invocazioni, sacrifici, suppliche agli dei, preghiere si
levavano per tutta la città. Infatti nei momenti critici i Romani sono
scrupolosi nell'accattivarsi gli dei e gli uomini e nulla giudicano
sconveniente od ignobile di quanto compiono in tali circostanze. Annibale schiera il
proprio esercito lungo il fiume invitando i Romani alla battaglia, i quali sotto
il comando di Lucio non gli si oppongono. Si può dedurre, dalla mancanza di
notizie relative all'attraversamento del fiume, che tale 1° schieramento di
Annibale è avvenuto sulla stessa riva dell'accampamento cartaginese e di
quello maggiore romano. Annibale ritira le sue
forze e invia i Numidi contro i Romani del campo minore per impedire i
rifornimenti d'acqua. |
7° giorno - 2 agosto 216 a.C.
- comando: Caio |
POLIBIO III,113: Il giorno seguente Gneo assunse
il comando e non appena cominciò ad albeggiare, condusse fuori le sue forze
contemporaneamente dai due accampamenti. Fece attraversare il fiume e
schierare subito dall'altra parte gli uomini dell'accampamento maggiore, poi
congiunse con questi e ordinò nella stessa linea quelli dell'altro in modo
che tutta la fronte fosse rivolta verso mezzogiorno. Schierò quindi i
cavalieri romani lungo il fiume nell'ala destra, di seguito a questi, sulla
stessa linea, la fanteria, disponendo i manipoli più fitti del solito e
facendoli molto più profondi che larghi: oppose all'ala sinistra i cavalieri
degli alleati; in avanguardia, a una certa distanza, schierò le forze armate
alla leggera. Compresi gli alleati, vi erano in tutto ottantamila fanti e
poco più di seimila cavalieri. Annibale contemporaneamente avendo traghettato
al di là del fiume i Baleari e gli astati, li dispose dinanzi all'esercito,
condusse poi fuori gli altri dall'accampamento e, fatta loro attraversare la
corrente in due luoghi, li schierò di fronte ai nemici. Dispose proprio lungo
il fiume, sul lato sinistro, i cavalieri iberici e celti di contro ai
cavalieri romani, di seguito a questi la metà dei fanti libici armati
pesantemente, poi gli Iberi e i Celti. Presso questi pose l'altra metà dei Libici
e all'ala destra schierò la cavalleria numidica. Quando li ebbe disposti
tutti su una fila, avanzò con le schiere centrali degli Iberi e dei Celti e
dispose le altre congiunte a queste in modo preordinato, sì da formare una
convessità a forma di mezza luna, e di rendere meno profondo lo schieramento,
volendo che gli Africani formassero nella battaglia un corpo di riserva e che
fossero gli Iberi e i Celti a dare inizio all'azione. Giorno della battaglia
di Canne. I Romani del campo
maggiore attraversano il fiume e si schierano sulla riva opposta. Si uniscono
a tale schieramento i Romani del campo minore in modo che tutta la loro
fronte fosse rivolta a mezzogiorno. Si può senz'altro dedurre che la
battaglia di Canne è avvenuta sulla riva del campo minore romano posto a
levante del guado sul fiume Aufido. Contemporaneamente
Annibale traghetta al di là del fiume (sulla riva del campo minore romano) i
Baleari e gli astati e li dispone dinanzi all'esercito romano. Conduce poi
fuori gli altri soldati dall'accampamento e, fatta loro attraversare la
corrente in due luoghi, li schiera di fronte ai nemici. I particolari degli
schieramenti dei due eserciti sono illustrati nella pagina
"Schieramenti" inclusa nella seconda parte della ricerca. |
Schematicamente la cronologia
dettata da Polibio è rappresentata nella seguente figura:
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